giovedì 8 novembre 2007

Un laboratorio della memoria - 2

Ieri abbiamo riportato, quasi per intero, l'intervista a Tullio.

Un gruppo di Sociologhi dell'Università di Roma incontrarono Tullio Chistè, un uomo dalla voce potente, gran giocatore di carte, nel 1978 al circolo degli anziani di via Vaiano. I risultati di tale incontro sono stati raccolti nello studio "I giovani invisibili" che il Centro di Cultura Popolare della Magliana e Gerardo Lutte pubblicaroni tre anni dopo per le "Edizioni Lavoro".

Volendo iniziare a parlare delle vicende della Magliana, pensiamo che un momento tra i tanti raccontato da Tullio sia estremamente significativo. Il momento in cui un territorio, come tanti dell'Agro Romano, si trasforma in quartiere della città. Il momento in cui alle "7-8 famiglie" presenti nella zona se ne aggiungono tante altre ed inizia così un cammino che, attraverso l'appartenenza ad un comune territorio, porta alla costruzione di una identità. E' il momento in cui, insomma, finisce la Storia ed ha inizio la Cronaca. E' anche, però, il momento, come dice Tullio nella sua ingenua saggezza, in cui si distruggono gli alberi e si comincia a tirar su le case.

Sicuramente la maggior parte degli interventi relativi alle vicende della Magliana riguarderà il presente, i problemi dell'oggi, le aspettative per il domani, ma una parte del nostro lavoro dovrà anche essere rivolta al passato, al come eravamo.

La scelta di iniziare a parlare delle vicende della Magliana, ponendo come episodio cardine tra un prima e un dopo questa intervista a Tullio, è emblematica anche sotto l'aspetto metodologico. Non siamo storici. Un lavoro sul passato di questo territorio non può basarsi su docuntazioni, riscontri e relative analisi. Dobbiamo, quidi, percorrere altre strade.

Anche quella di Tullio non è di certo una lezione di storia, ma l'esperienza di un uomo che, raccontando la propria vita, riesce ad individuare molto bene, a volte anche in maniera inconscia, i problemi del suo tempo: l'idividuazione delle classi sociali operanti nella prima metà del secolo scorso, lo sfruttamento delle classi subalterne, la rendita fondiaria, l'urbanizzazione ed altro.

Questo dovrebbe essere allora il metodo con cui affrontare le vicende e le cronache di Magliana: la testimonianza diretta di altre vite, di altre storie, di altri protagonisti che, uniti insieme, volendolo e potendolo, potrebbero farci arrivare a risultati concreti. Il periodo che dal momento raccontato da Tullio si indirizza verso i nostri giorni è denso di avvenimenti, che hanno visto la partecipazione ed il contributo di tante persone, di tante foeze politiche e di tante organizzazioni di base: l' urbanizzazione del quartiere, l'autoriduzione dell'affitto, le lotte per i problemi sociali, la riqualificazione urbana, la conquista di una "normalità".

Di questi episodi cominceremo a parlare. Riferiremo di essi la nostra conoscenza ed il nostro giudizio. Saranno conoscenze e giudizi sicuramente di parte, sicuramente incompleti. Nello stesso momento, però, siamo pronti ad accettare le conoscenze, i pareri, i giudizi di tutti coloro che, sia a livello personale, sia a livello di organizzazioni, hanno dato il loro contributo a tali vicende.

Partendo dall'episopio raccontato da Tullio, scelto come episodio significativo, il nostro viaggio può essere indirizzato anche in direzione opposta: verso episodi che riguardano il nostro territorio nei secoli precedenti, tenendo ben presente che le nostre cognizioni sul passato sono incomplete, quasi solamente scolastiche. Su questo tema , però, il metodo della testimonianza diretta si potrà applicare solo fin dove arriva la memoria dei viventi. Sulle vicende che oltrepassano tale soglia pensiamo di "provocare" l'intervento di studiosi seri, e sappiamo essercene molti, pronti a smentire, a correggere, a censurare quanto da noi affermato.

Questo, infatti, dovrebbere essere lo spirito che informerà questa rubrica: la possibilità offerta a tutti di portare nelle storie di Magliana la loro storia; la possibilità di confutare, di riticare, di aggiungere; la possibilità di un confronto e di un dibattito su quanto i cittadini di questo territorio ricordano di aver fatto; la possibilità di sapere quello che questa zona era prima che noi ne diventassimo abitanti.

Un laboratorio della memoria, insomma.

1 commento:

Alfredo Toppi ha detto...

Una delle tante storie antiche di Magliana di Antonello Anappo

Lentulo Lentuli e la vedova Bernardina
di Antonello Anappo (pubblicato il 20/03/2007, 488 letture)





Dagli studi minuziosi di Carla Benocci sui passaggi di mano della tenuta Due torri emerge una curiosa pagina di vita rinascimentale.

Il primo padrone noto è Carlo Boccabella, citato nel testamento di Mariano Castellani del 1526. Castellani lascia la tenuta, composta allora di “prato e grotticella”, alla moglie Bernardina Rustici, e costei, rimasta vedova, fa a sua volta testamento a favore di Lentulo Lentuli nel 1538. Lentuli conduce quella che potremmo chiamare una ‘comoda vita da single’, e la vedova Bernardina, desiderosa di vederlo sistemato, grava in punto di morte il testamento con una pesantissima “condicione”: lo scapolo impenitente avrebbe dovuto ammogliarsi e procreare; in caso contrario, alla sua morte, la tenuta sarebbe passata alle pie confraternite romane del “Gonfalone” e del “Salvatore ad Sancta Sanctorum”.

Divenuto erede nel 1544, Lentulo si applica nell’adempiere alle volontà della trapassata, sposando donna Gerolama de’ Nigris, da cui però non ha figli. Amplia poi la tenuta, comprando da Pietro Paolo Fabi nel 1545 il “prato vicino al Casale dei Doi torri” e un altro poderetto verso il 1554. Infine vende a Bernardino Capodiferro nel 1556. È l’ultima sua notizia.

La spartizione ereditaria richiede 9 anni: Lentuli aveva creato un florido fondo suburbano, “con certo prato volgarmente detto Prato Rotondo, canneto di sei pezze e vigna di sei pezze con casa, vasca e tino”, ma la richiesta di eredi legittimi non era stata soddisfatta. Questa la decisione, adottata l’11 marzo 1565: la tenuta è divisa per quote di proprietà indivisa, 2/3 alle pie confraternite, il terzo restante a donna Gerolama. Capodiferro è escluso (la vendita viene forse annullata o riscattata), anche se il nome vagamente assonante di Guastaferri ricorre nella mappa catastale di Francesco Calamo del 1660, che cita: “Casale detto li Doi Torri, proprietà delle Arciconfraternite […], ed i signori Fabrizio Guastaferri e Costantino Gigli, proveniente dall’heredità della quondam Bernardina Rustici de’ Castellani”.